Il mandolino deriva dalla famiglia dei liuti da cui ha ereditato la particolare forma panciuta. 

        Col nome di liuto o mandola si diffuse in Italia fin dai primi secoli dell'era volgare ed ebbe grande importanza nella musica sacra e profana, come testimoniano gli affreschi riproducenti angeli musicanti, di Cimabue, dell'Angelico, di Melozzo da Forlì, ecc.

Il vero mandolino, quello con l'attuale forma, fu costruito per la prima volta a Firenze, verso la metà del 1600; questo strumento, per il timbro particolare e la dolcezza del suono, non tardò ad affermarsi in Italia e specialmente nel napoletano dove la sua voce patetica o brillante fu il mezzo più adatto ad esaltare la bellezza della natura.

Distinguiamo vari tipi di mandolino; quello lombardo, napoletano, romano.

 Nel mandolino lombardo le corde sono sei; generalmente tre di budello e tre di seta fasciate di
filo di rame argentato. Nel mandolino napoletano e romano le corde sono otto, ma servono a quattro soli suoni, giacchè sono intonate all'unisono due per due. Le prime e le seconde sono di filo sottile di acciaio, con calibratura diversa, le terze e le quarte di acciaio rivestito di filo di rame argentato, anch'esse con calibrature diverse. 

Il mandolino si appoggia sulla coscia della gamba destra e si sostiene con l'avambraccio; la mano sinistra stringe il manico dello strumento tra il pollice e l'indice facendola scorrere, quando occorra, nelle posizioni inferiori, mentre la mano destra serve a sostenere leggermente tra la prima falange dell'indice ed il polpastrello del pollice, il plettro o penna.

 L'origine del mandolino napoletano si fa risalire alla metà del 17° secolo: in quel tempo
sembra incominciasse la sua produzione di mandolini la celebre "Casa Vinaccia". Questi mandolini sono quasi tutti ricchi di intarsi, filettature d'avorio lungo il manico eseguite con molta precisione e di deve proprio al Vinaccia l'applicazione delle corde di acciaio in sostituzione di quelle in ottone usate all'inizio e che difettavano di voce e di timbro.

In Italia sono numerose le fabbriche di strumenti a plettro tra cui si distingue maggiormente quella di "Calace" di Napoli, per la costruzione di mandolini d'arte e da concerto nonchè per la costruzione di mandole e liuti.

 Per quanto riguarda la struttura dei mandolini si adoperano vari tipi di legno; per la cassa, l'acero o il palissandro; per il manico e per la tastiera, palissandro o ebano (con all'interno il pioppo), per la filettatura fra le stecche, il faggio. Il numero delle stecche varia da 17 a 33; gli strumenti a maggior numero di stecche sono i più pregiati; queste stecche possono essere anche scannellate congiungendosi talvolta con filettature metalliche.

La verniciatura si usa per tutte le parti eccetto per la tastiera. Per quanto riguarda gli ornamenti ad intarsio, di cui si abbelliscono i mandolini, si usa l'avorio, tartaruga, celluloide e madreperla.

E' erroneo pensare che il mandolino sia solo uno strumento popolare adatto a suonare serenate o pezzi folkloristici; basta riflettere sul fatto che per questo strumento hanno scritto autori come Pergolesi, Vivaldi, Paisiello, Mozart, Beethoven, Verdi, Mahler, Stravinski, Prokofieff e molti altri.

Dice Berlioz nel suo trattato d'orchestra: "il suono del mandolino ha qualcosa di piccante, spiritoso e originale, insostituibile con altri strumenti, come la chitarra e il violino". Esempio: la serenata del "don Giovanni" di Mozart, nella quale solo il mandolino può rendere gli effetti voluti.